All’interno del Salone della CSR e dell’Innovazione Sociale 2019, nei prestigiosi spazi dell’Università Bocconi, Metro Italia ha presentato la seconda parte della ricerca Metronomo, realizzata in collaborazione con Bocconi Green Economy Observatory, focalizzata sullo spreco dei cibo da parte dei ristoratori.
(Qui potete leggere la prima parte)
Metro Italia è molto sensibile al problema dello spreco alimentare, e la ricerca è svolta con l’obiettivo di creare nuovi strumenti, nuove modalità per contribuire a ridurlo.
Relatori della presentazione, condotta con la consueta simpatia da Tessa Gelisio, sono stati Milvia Panico, responsabile comunicazione e CSR di Metro, e il prof. Fabio Iraldo direttore GEO.
Emerge subito un aspetto piuttosto sorprendente: ristoratori e clienti hanno una percezione uguale e contraria relativa alla responsabilità dello spreco alimentare nei ristoranti. L’84% dei ristoratori pensa che il problema sia da imputare al cliente, mentre l’89% dei clienti è convinto che sia tutta colpa del ristorante.
Sono numeri davvero alti, che danno la dimensione di quanto si debba fare per trovare un equilibrio, ed è una buona notizia, significa che da entrambe le parti c’è consapevolezza del problema!
Infatti un ristoratore su tre mette in atto strategie per limitare lo spreco alimentare (l’83,6% minimizza gli scarti in cucina, il 71,6% si attrezza per una migliore conservazione, il 56,9% ottimizza gli approvvigionamenti, il 51,4% pianifica il menu, il 40,4% fornisce la doggy bag), ma lo spreco è ancora troppo corposo: ogni settimana vengono buttati da 2 a 5 sacchi di scarti alimentari, una parte dei quali potrebbe con facilità essere recuperato e riciclato.
I ristoratori non sprecano tutti allo stesso modo, la quantità varia secondo la tipologia del locale e anche la posizione geografica.
Seguendo il modello culturale della tavola italiana, c’è una tendenza a proporre porzioni molto abbondanti, ma con l’informazione alimentare attuale e gli avventori stranieri, queste quantità risultano esagerate, e possono andare sprecate.
La mezza porzione non è molto diffusa, solo il 52% dei ristoratori la propone, e in questo caso anche il cliente ha la sua parte di responsabilità: l’80% la apprezza, ma si aspetta di pagarla la metà della porzione intera, dimenticando che se si limitano gli ingredienti, l’impegno di lavoro è lo stesso.
Un gesto suggerito, che sarebbe molto apprezzato dal cliente, è l’offerta di un piccolo antipasto preparato con scarti o avanzi. Una tradizione nel Nord Europa, un modo garbato per comunicare che non si butta via (quasi) nulla.
La ricerca di Metro ha messo in evidenza un forte problema di comunicazione: i clienti faticano a cogliere cosa e quanto fa il ristoratore per non sprecare cibo. Cibo che poi può essere recuperato sia dal cliente stesso, con la doggy bag, sia donandolo ad associazioni caritatevoli.
Purtroppo né una opzione né l’altra sono risultate risolutive: i clienti non sono abituati a pretendere quanto avanzato (e pagato), e si vergognano a chiedere gli avanzi, mentre le donazioni di cibo a chi ha più bisogno è complicata da regolamenti troppo complessi.
In questo quadro frammentato, la soluzione potrebbe arrivare con il menu che, da semplice elenco di portate, diventa un prezioso mezzo di comunicazione, dove fornire molte più informazioni sul cibo proposto e, non ultima, la gestione degli sprechi.
L’ingegneria del menu è una delle materie trattata da Metroacademy, che intende portare avanti la lotta allo spreco alimentare dei ristoranti ponendosi come facilitatore nella soluzione del problema, anche con iniziative di formazione.
I focus group in programma da Metroacademy avranno proprio l’obiettivo di far emergere le problematiche più diverse, e studiare insieme come risolverle.
Tra i progetti in sospeso, una o più app per mettere in comunicazione i ristoranti che hanno esuberi, con ì clienti più attenti e pronti al recupero.
È vero che nel Meridionale le porzioni sono troppo abbondanti. Di solito i ristoranti consentono che noi condividiamo per poter assaggiare più piatti.
Sì, come in Grecia
Molto molto intelligente e interessante.
Grazie Paola 💕
Grazie a te
Il doggy bag però ha un senso se uno va al ristorante nella propria città e poi torna a casa e ovviamente lo usa per mangiare il giorno dopo, ma quando sono in un’altra città e sto in albergo, come lo uso l’avanzo di pasta, di arrosto, di contorno?
Ma Barbara, è ovvio che ogni strategia va decisa secondo le condizioni. Se sei turista, vale l’altra regola citata, ovvero è il ristoratore che deve imparare a non offrire porzioni troppo abbondanti
Ma rendere obbligatorio da parte del ristoratore la “doggy bag”? Vero è che per i primi tempi il danno sarebbe spostato: anziché buttare il ristoratore butterebbe il cliente poi una volta a casa. Ma dopo i primi tempi si innescherebbe inevitabilmente un meccanismo di riflessione e adattamento. Praticabile come opzione?
Mi piace molto l’idea dell’antipasto con scarti o avanzi. Grazie Paola!
La doggy bag in teoria sarebbe già obbligatoria. Il problema è culturale, sia cliente che ristoratore si vergognano, uno di chiederla, l’altro di proporla. Questo è lo scoglio da superare. Detto questo, io la chiedo sempre e recupero tutto, altro che 😉